Operazioni in contanti sempre più a rischio di presunta evasione.
Categoria: FiscoDal 3 dicembre 2016 è vigente l’articolo 7 quater, comma 1 del D.L. n. 193/2016 in materia di accertamenti fiscali da parte dell’Agenzia delle Entrate che disciplina le presunzioni di evasione nel caso di particolare utilizzo di denaro. Già dal 1 gennaio 2016 opera il divieto di pagamenti in contanti per somme superiori ad euro 2.999,99.
La norma ora in esame riguarda sia i soggetti imprenditori, sia i lavoratori autonomi che, riguardo alla casistica dei versamenti di contanti, anche le persone fisiche intese come dipendenti, pensionati, soci di società ecc.
Dal punto di vista dei versamenti di denaro sui conti correnti bancari o postali la presunzione di evasione scatta, in caso di accertamento fiscale, indipendentemente dalla somma e per tutti i soggetti sopra menzionati qualora essi non siano in grado di dimostrare la fonte di provenienza. Riguardo alla fattispecie dei prelievi in contanti la presunzione di evasione scatta in modo diverso secondo il tipo di contribuente.
Per i lavoratori autonomi è stata finalmente abrogata la norma che prevedeva, in caso di accertamento, che i prelievi di contanti non giustificati erano redditi non dichiarati ed ora quindi rimane solo la fattispecie che le presunzioni di evasione scattano solo per i versamenti in denaro dei quali non si è in grado di dimostrare la provenienza. Riguardo ai soggetti imprenditori (individuali, società di persone, di capitali ecc) la presunzione di evasione scatta quando i prelevamenti in contanti sono di importo superiore ad euro 1.000 giornalieri e comunque a 5.000 euro mensili e l’imprenditore non è in grado di indicare né il soggetto beneficiario dei prelievi né il loro utilizzo nemmeno consultando le proprie scritture contabili (libro giornale).