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La tristezza è realmente una emozione “negativa”?

Categoria: Psicologia
La tristezza è realmente una emozione “negativa”?

Sulla lunghezza d’onda dell’articolo del mese precedente dove ho parlato di emozioni in generale, vorrei affrontare singolarmente alcune di esse e vorrei iniziare dalla tristezza. La tristezza non gode di una buona fama e viene frequentemente considerata qualcosa di negativo e disfunzionale come sinonimo di debolezza stridendo con l’immagine performante ed energica che la nostra cultura enfatizza. Viene associata a vissuti di pena e dolore, di disagio e frustrazione, di tormento e malinconica e per tale motivo si cerca spesso e volentieri di proteggersi da essa nonché di sbarazzarcene, anche se utopisticamente. Eppure la tristezza come le altre emozioni viste come “negative” ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’essere umano. La tristezza può, infatti, essere considerata un segnale che il nostro sistema di attaccamento si è attivato. Il sistema di attaccamento ci consente di segnalare all’altro il bisogno che abbiamo della sua presenza in momenti di difficoltà e costituisce le fondamenta delle nostre relazioni affettive più importanti. Una delle funzioni principali della tristezza risiede proprio nel segnalare, alle persone a noi significative, il bisogno della loro vicinanza, del loro sostegno, aiuto o conforto. E il pianto stesso, che può essere un indicatore di tristezza intensa, aiuta a esprimere agli altri ciò che proviamo e evidenza loro questo bisogno di vicinanza e aiuto. La tristezza riveste, quindi, un ruolo centrale nello sperimentare il supporto da parte degli altri, oltre che nello sviluppo e nel mantenimento delle nostre relazioni. Altra funzione importante svolta dalla tristezza è quella di consentirci di “raccoglierci”, promuovendo l’analisi profonda e autentica sugli eventi della nostra vita, con la possibilità di cercare un senso a quello che ci accade o al nostro dolore, favorendo la riflessione anche su temi di vita più generali e esistenziali. Pertanto, è importante per elaborare gli eventi spiacevoli, nonché ha anche la potenzialità di agire come stimolo al cambiamento. Infatti, starci in contatto, ci consente di farle svolgere la funzione di segnalarci che qualcosa non va e di cercare di trovarne un senso, per di più sollecitando la persona a raggiungere un equilibrio e un assetto che sia il migliore possibile e mostrando nuove prospettive prima magari non visibili. Se il primo istinto è spesso combattere la tristezza, si sappia che questa emozione è dunque lungi dall’essere negativa. La tristezza è un’emozione che ci vuole bene e fa bene poiché spinge ad agire, e protegge a modo suo. È una luce rossa che si illumina sul tuo cruscotto interno, informandoti che devi cercare conforto da nuove persone o in un’attività gratificante. È solo accogliendo la tristezza e sentendola pienamente che se ne può trarne beneficio. In effetti, non appena si smette di fuggire da essa e quando si accetta il dolore per quello che è, diventa una grande fonte di trasformazione personale facendo in modo che il soggetto possa iniziare a prendersi cura di sé stesso e, di conseguenza, sprona, in un modo un po ‘paradossale, a vivere meglio. Per questo motivo, in questo articolo che uscirà nel mese del Natale ho voluto intenzionalmente parlare di questa emozione. Se il Natale è sinonimo del voler stare insieme ad altri, la tristezza che equivale a tale richiesta e pensiero non può rappresentare l’essenza del Natale stesso? Al prossimo numero e buone feste.

 

Dott. Barbabella Giuliano
Psicologo – Psicoterapeuta
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