Il silenzio: una prigione o una rampa di lancio per la socialità?
Categoria: PsicologiaIn un mondo chiassoso dove, spesso e volentieri, le parole sono eccessive, non è facile credere a quanto possa essere rilevante l’assenza totale di rumore, il silenzio. Vi siete mai chiesti come sarebbero le vostre giornate senza alcun tipo di suono o parola superflua a fare da colonna sonora? E’ quasi un’utopia immaginare la realtà di oggi in assoluto silenzio ed è proprio per questo che solitamente neanche ci accorgiamo di disturbare la pace con una mancanza di silenzio, magari pure involontaria. Dobbiamo renderci conto che nella nostra civiltà si vive fortemente la paura del silenzio e, nella maggior parte dei casi, si cerca in tutti i modi di evitarlo o screditarlo. A volte le persone silenti vengono definite come malate o esclusivamente ostili al prossimo, come se il silenzio stesso costituisse una condizione innaturale. A mio parere le parole, se usate come strumento esclusivo, possono diventare uno schermo, uno scudo di difesa con cui si prova a nascondere i propri limiti, le proprie preoccupazioni, i propri piccoli o grandi problemi. Ciò non significa assolutamente che non ci si debba confrontare o sfogare costruttivamente rispetto ai nostri disagi ma che, per quanto non sia facile farlo, è fondamentale trovare un equilibrio tra ciò che ho scritto in precedenza e l’entrare in sintonia con se stessi, cosa che senza il silenzio diventa altamente complicato e che costituisce una delle più grandi forme di libertà che ci si possa concedere. Il silenzio ci permette di stare in contatto con la nostra intimità, di scavare dentro di noi, di poter ascoltare tutto ciò che ci accade e che ci sta intorno, di prendere più attentamente in esame i nostri pregi e difetti. Apparentemente può sembrare che ci isola ma, se gestito bene, può addirittura essere una rampa di lancio per stare meglio con gli altri, capendo nel modo migliore possibile le proprie e altrui esigenze e, dunque, uno strumento di unione e non di isolamento. Certo, a volte ci sono anche silenzi che fanno davvero male e che, paradossalmente, urlano dentro di noi. Silenzi in cui ci rifugiamo per timore di affrontare qualcosa che ci spaventa o per la paura, fondata o meno, che chi ci contorna non ci possa o voglia ascoltare, cercando pertanto di scappare dalle difficoltà. Oppure ci sono silenzi di solitudine, di emarginazione, di angoscia. E’ in queste accezioni che il silenzio diviene mutismo e, a sua volta, il mutismo da origine ad una prigione mentale la cui serratura non è semplice da scardinare. Il silenzio, come la parola, cari lettori, sono strumenti di pari importanza che non devono essere esclusivizzati. Si devono controllare in modo oculato visto che oltre ad essere entrambi necessari, sono anche piuttosto potenti sia in senso distruttivo che costruttivo. Molti parlano giustamente dell’importanza della libertà di parola ma la libertà del permettersi di stare in silenzio non è altrettanto importante? E ancor più non è fondamentale di pari passo l’equilibrio nel concedersi, a seconda dei momenti, queste due forme di libertà?
Al prossimo mese.