Chi odia è sempre e solo distruttivo?
L’odio oggi rappresenta una piaga, un fenomeno così tanto presente nelle nostre vite da costringere spesso e volentieri anche le istituzioni ad organizzare campagne pubblicitarie contro di esso ed i pericoli che genera. Nonostante l’impulso all’odio sia una cosa naturale, la parola stessa è considerata quasi un tabù dalla società. Tuttavia, l’impressione è che tale sentimento sia il più delle volte visto in modo superficiale, come un qualcosa che, seppur condannato e punito (giustamente in molti casi), non viene valutato nelle sue complete e reali implicazioni, soprattutto rispetto a degli aspetti che possono risultare pure costruttivi. È vero che chi odia può provare a distruggere la causa di origine, giustificando questa volontà, ma è altrettanto possibile utilizzare l’odio in modo non negativo. L’odio è il sentimento o il risentimento che sorge nei confronti di qualcosa o qualcuno che per il soggetto viene ritenuto di ostacolo alla propria vita, ma, se sublimato (spostato verso una meta socialmente accettabile), può essere parimenti di aiuto nel migliorare e fortificare se stessi, nonché la società. L’odio può essere ancor più della rabbia un propulsore, un motore per la persona, spingendola ad affrontare il pericolo, lo stimolo angosciante e motivandola ad andare oltre i propri limiti e paure. Esso impone attenzione, capacità reattive ed un esporsi e un mettersi in gioco che non viene di frequente preso in esame. Certamente l’odio, per diventare funzionale, si deve deviare dagli uomini alle situazioni, dalle persone alle convinzioni prefissate e professate. Se ad esempio io, per mie esperienze, odio tutto ciò che è ingiusto posso usare tale sentimento per non tirarmi indietro rispetto ad altre situazioni che mi possano fare rivivere vissuti precedenti, spingendo anche altri ad unirsi con me per contrastare quegli stessi eventi che, seppur in modi diversi, hanno destabilizzato e condizionato me stesso. L’odio, dunque, può essere un cardine di unione e non solo di divisione. Un certo Carl Schmitt (giurista e politologo tedesco) affermava che “la società e la politica nascono a partire dalla designazione di un nemico comune” con l’odio che in base a ciò risulta proprio divenire un elemento di coesione. Certo, e voglio risottolinearlo, l’odio deve essere sublimato e la scelta del nemico deve essere contestualizzata e ben ponderata. Di sicuro le società in salute riescono a subliminare tale sentimento ed a convogliarlo dentro le regole della conflittualità, mutandolo da cancro a linfa motrice. Per arrivare a tutto questo, comunque, le varie persone devono analizzare profondamente il loro odio e non di reprimerlo o sfogarlo impulsivamente, con il soggetto che lo prova che non si può permettere di rinchiuderlo in una prigione interna, bensì deve avere il coraggio di elaborarlo facendolo diventare un suo punto di forza e non di debolezza. Del resto, affrontare ciò che ci rende fragili ci aiuta a diventare più forti e non il contrario.