L’incancellabile e insidiosa necessità di aggrapparsi a qualcosa
Categoria: PsicologiaVivere è difficile, complicato. Fa paura. Mette duramente alla
prova il nostro già debole coraggio di essere dei vaganti senza
meta, in balia della buona e della mala sorte. Mille nemici
agguerriti ci assaltano quotidianamente dentro e fuori, un soffio
di vento improvviso può buttare giù il sudato castello di carte,
una scossa maligna e beffarda spazzare via le illusorie certezze,
lasciandoci ancora più incerti e disorientati. Ma se la natura è
matrigna, la società non è meno, per molti aspetti, crudele
con i suoi giochi di potere, le sottili ipocrisie, i falsi traguardi
spacciati per mete assolute, gli inganni e le falsità che siamo
costretti ad accettare se vogliamo trovare e mantenere il nostro
posto, sebbene destinato continuamente ad essere messo in
discussione. E che dire dei nostri demoni privati, delle continue
ansie che l’esterno alimenta, dei torti e traumi mai dimenticati,
delle ferite che, per quanto si tenti di rimarginare, continuano
a bruciare, del passato che si sarebbe voluto diverso e invece
torna a tormentarci spesso con il suo carico di rimpianti, di un
futuro dai contorni incerti che vorremmo riempire e rendere
importante, ma non sapendo da che parte cominciare e
rinunciando il più delle volte a quella direzione che sappiamo
e sentiamo nostra per quella che ci viene imposta “per il nostro
bene”. Facile dunque, perfino comprensibile, in una simile
confusione, cercare dei punti fermi, degli appigli in grado di
sostenerci e farci sentire protetti, delegare ogni responsabilità
e lasciare scegliere gli altri per noi, noi che non abbiamo il
coraggio di guardare in fondo all’abisso e serriamo gli occhi
con forza, noi che ci tappiamo le orecchie per non sentire e
ci illudiamo di essere padroni delle nostre azioni guidate da
burattinai invisibili dai nomi ogni volta diversi come Chiesa,
Stato, famiglia, opinione pubblica, morale, economia, moda.
Del resto è così stupido sobbarcarsi il peso di decidere da sé,
di mettere in discussione i modelli correnti ritenuti giusti solo
perché accettati dai più, di lasciare il branco che ci protegge in
cerca di pascoli più ricchi ma più insidiosi e non noti, quando
ad abbassare la testa e la voce ricevi per premio un posto al
calduccio e un pasto sicuro? Eppure quanto più soddisfacente
e spaventosamente inebriante è guardare giù nel buio del
baratro e, dopo il terrore e le vertigini iniziali, non barcollare e
non afferrare, nel tentativo di evitare la caduta, rami instabili e
rocce frananti, ma restare fermi e sicuri e riuscire a vedere, in
mezzo a tutta quella oscurità, quella fievole luce che nessuno
sembra notare. Per crescere emotivamente e sentirci persone
libere e indipendenti, non fraintendetemi, non dobbiamo
staccarci da quello che ci piace o ci provoca piacere ma, bensì,
da tutto ciò che ci fa credere che senza di esso non potremmo
andare avanti. Anche perché una credenza tale rappresenta
il più grande tentativo di devalorizzazione che una persona
mette in atto su e con se stesso. Per di più ricordiamoci anche
una cosa: a volte aggrapparsi alle cose è più doloroso che
lasciarle andare.