Alimentazione nei primi anni di vita.
Categoria: NutrizioneI bambini sono plasmabili sotto ogni aspetto: la loro esperienza sensoriale è pari a zero. Giorno dopo giorno apprendono e apprendono in un modo del tutto istintivo: attraverso l’emulazione. In campo alimentare nei primi anni di vita i bambini non hanno (quasi) alcun condizionamento, si fidano totalmente e ciecamente di chi li nutre: generalmente il punto di riferimento è la mamma. Quello che dà la mamma è buono, nutriente, giusto, i bambini si fidano. Cominciano, attraverso la reiterazione delle proposte alimentari, a crearsi la propria esperienza dietetica, il proprio gusto e disgusto. Nella fascia d’età 0-3 anni sono pochissimi i fattori che possono condizionare in modo istintuale le preferenze dei bambini in ambito di cibo: i gusti dolce, amaro, salato, la presenza di grassi. Tutto il resto è un condizionamento esterno, non interno.
Il gusto dolce, nei bambini, suscita un’immediata assuefazione: Sono stati condotti studi secondo i quali uno dei meccanismi regolatori di una poppata dal seno della mamma è proprio la dolcezza del suo latte; a inizio poppata il latte è maggiormente concentrato di galattosio e lattosio, poi pian piano si fa leggermente più amaro: il bimbo è spinto a staccarsi dal seno sia dal senso di pienezza sia dall’input dato dalle papille gustative.
Invece, il latte in formula ha sempre uno stesso gusto, discretamente dolce, ed è per questo che i bimbi nutriti con il latte preparato mangiano di più e viaggiano su percentili di crescita superiori. Viceversa, amaro in natura è tutto ciò che ruota intorno alla sfera dei veleni e che ha una certa tossicità, e pertanto crea disgusto. Se si danno pappe di verdure amare al bimbo non si avrà di certo la sua simpatia: bisogna partire con vegetali dolciastri, come ad esempio le carote e la zucca, o neutri, come le zucchine. Il gusto amaro deve essere centellinato. Il salato, invece, è un gusto che semplicemente in natura non si trova, e che crea una sorta di assuefazione a saturazione. Nei bambini la loro percezione del salato è circa dieci volte superiore alla nostra; per questo motivo le loro pappe devono essere rigorosamente “insipide”. Fate attenzione anche al sale nascosto come il parmigiano (come insaporitore), che non è propriamente un bene.
I bambini piccoli, al contrario degli adulti, mangiano quando hanno fame. Hanno una spiccata capacità di autoregolazione, in particolare quando la loro alimentazione comprende ad libitum i grassi (anche animali). Ricordatevene sempre: se offrite ai vostri figli piatti troppo light, avranno sempre fame e cercheranno sempre cibo.
I bimbi hanno estremo bisogno di grassi, anche di grassi animali: il colesterolo contenuto è fondamentale per i meccanismi di crescita e vostro figlio sarà in crescita almeno per i primi 14-18 anni della sua vita. In età puberale il colesterolo servirà anche per la messa in moto dei meccanismi relativi gli ormoni sessuali.
Ovviamente, bisogna fare attenzione alla qualità dei grassi utilizzati, oltre che agli abbinamenti con i carboidrati e gli zuccheri: anche gelati, merendine e patatine fritte contengono grassi, ma di pessima qualità e uniti ad una quantità di carboidrati tale da creare dipendenza. Usate quindi olio extravergine per condire, di buona qualità, italiano e possibilmente bio, scegliete burro di buona qualità o ghee per cucinare, in quanto regge benissimo le alte temperature di forno, evitate oli vegetali raffinati di mais, riso, colza, soia, girasole, controllate sempre le etichette, inserite creme di frutta secca nei frullati di frutta e nei condimenti di verdura, scegliete carne e pesce di ottima qualità (niente allevamenti intensivi), e non cercate di risicare il grasso fino all’ultimo grammo. Evitate di proporre con eccessiva frequenza piatti o alimenti che siano contemporaneamente ricchi di grassi e di carboidrati: questo abbinamento è particolarmente deleterio per i meccanismi di autoregolazione e per il metabolismo. Attenzione quindi a tutti i dolci, ai fritti, alle focacce e ai prodotti da forno, ai primi piatti troppo conditi. Con il tempo i meccanismi di autoregolazione si perdono: non mangiamo più per fame, ma perché è ora di pranzo. Dobbiamo cercare, fin dove possibile, di tenere allenata l’autoregolazione dei più piccoli. L’autoregolazione e l’appetito vengono rovinati quando il gusto del cibo è spiccatamente dolce o spiccatamente salato: difficile che mangiamo più del dovuto di pollo alla griglia, molto facile invece che eccediamo con i biscotti o le patatine fritte.
Cercate di proporre al bimbo gusti il più possibile naturali, e di fare in modo che ciò che eccita oltremodo le papille gustative sia un’eccezione settimanale, non una presenza quotidiana. Questo è il motivo fondamentale per cui sarebbe bene evitare di proporre ai bimbi merendine confezionate e dolci, in quanto inibiscono il loro naturale senso di sazietà. Il mix di carboidrati, grassi e sale è terribile per l’autoregolazione, perché inattiva la capacità di sentire sazietà. Nel vostro piccolo, in cucina, cercate di non proporre troppo spesso alimenti che mischino carboidrati, grassi abbondanti e sale: il classico esempio sono, di nuovo, le patatine fritte.
Come ho accennato, i bambini per imparare emulano. Se volete educare in modo efficace vostro figlio, poche chiacchiere e tanta azione; è inutile spendere fiumi di parole. Date il buon esempio, e soprattutto reiterate il vostro comportamento pasto dopo pasto. Il cibo per i bambini non ha valenza positiva o negativa; questi commenti, se reiterati, cominciano a delineare quanto un dato alimento sia buono o cattivo: i piselli sono così cattivi che lo sforzo di finirli verrà ripagato dai cartoni animati; il cioccolatino è così buono da considerarsi un premio. I bimbi sono tanto bravi, buoni e belli quanto… furbi. Se capiscono i vostri punti deboli per ottenere quello che vogliono, diventerà ben difficile fargli finire un piatto di verdure senza l’allettante proposta di un’attività ricreativa o un dolcetto a fine pasto. Come poter risolvere con furbizia il problema di un bimbo che non mangia? Prima di tutto, ricordandosi che non morirà di fame: se non finisce un pasto aspettate 5-10 minuti, dopodiché sparecchiate e permettetegli di andare a fare altro. Il piccolo torna a distanza di un quarto d’ora chiedendo cibo? Valutate il da farsi: pur non avendo finito il pranzo, ha mangiato a sufficienza? In questo caso non cedete alle sue richieste per non far sì che la richiesta di cibo fuori pasto diventi un’abitudine: a merenda o al pasto successivo avrà sicuramente modo di rifarsi. Se invece valutate che il pasto sia stato insufficiente, fate in modo che si risieda a tavola (niente snack mentre gioca) e che mangi un piccolo spuntino nutriente: potreste proporgli una bruschetta, un pezzetto di parmigiano, un frutto. Non proponetegli dolci: questi devono rimanere tassativamente un extra, non un’abitudine. Per poter risolvere il problema alla radice, l’arguzia dei genitori deve tuttavia partire fin dal momento del pasto: sfruttate da un lato lo spirito di emulazione dei bambini, dall’altro il loro orgoglio.